A proposito della discussione sul c.d. “testamento biologico” (in programma alla Camera in questo periodo) pubblichiamo una riflessione di Pier Luigi Castagnetti (parlamentare del PD). Al di là dell’appartenenza politica, ci sembra che l’autore svolga una serie di ragionamenti che meritano attenzione.
Nessuna legge è sempre meglio di una cattiva legge. Il dibattito sviluppatosi sui giornali in questi giorni, in attesa di quello che sta per aprirsi alla Camera sul cosiddetto testamento biologico, mi ha confermato nella convinzione, che ho sempre avuto, che sul come morire sia bene non legiferare. Un mio fraterno amico, medico insigne e credente, mi disse un giorno: il mio testamento biologico è di una sola riga, ”Signore, sia fatta la tua volontà”. Ma non si può pretendere che tutti ragionino in tale modo. E, allora, si cerchi un terreno “laico”, accettabile da tutti e in linea con i principi costituzionali, affermando semplicemente un chiaro “no alla eutanasia e no all’accanimento terapeutico”. Di più non serve.
La proposta di legge che arriva in aula alla Camera invece finisce per ridurre allo spessore di una lamina sia il confine con l’eutanasia che quello con l’accanimento terapeutico. Al di là delle intenzioni che personalmente assumo come buone, il testo è la dimostrazione che più si cerca di combinare normativamente il valore della vita con quello della salvaguardia della libertà e della dignità della persona umana, più si complicano le cose quando non si combinano pasticci. Continua a leggere